martedì 8 maggio 2018

Il gioco delle tre carte e l'incarico-truffa

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.

Il presidente della Repubblica gioca col il fuoco, rischiando di incendiare la nostra democrazia. Lo scopo della mia affermazione non è incendiare gli animi, ma, al contrario, invitare alla prudenza. Nella convinzione che le mie parole sembreranno troppo forti ad alcuni, cercherò in questo pezzo di illustrarne il senso e la compatibilità con l'invito alla prudenza.

L'antefatto, noto a tutti, è che dalle recenti elezioni politiche non è venuto fuori un unico vincitore. A chi di questo si scandalizza rammento che la cosa è piuttosto comune nelle democrazie. Lo è meno nei regimi autoritari dove il meccanismo delle elezioni è disegnato per produrre un solo vincitore, quel vincitore! Se non vogliamo fare ricorso a leggi fascistissime, dovremo farcene una ragione. Sulla carta sarebbero possibili soltanto maggioranze di coalizione, qualora almeno due delle tre principali forze politiche (M5S, centrodestra e PD) si mettessero d'accordo. Negli ultimi due mesi, il presidente della Repubblica ci ha provato e riprovato, ma ogni suo tentativo è stato vanificato dai veti incrociati espressi dai partiti, il gioco delle tre carte. Chi sostiene che i partiti avrebbero dovuto mettersi d'accordo nel superiore interesse dell'Italia è fuoristrada: il compito dei partiti è rappresentare i cittadini; per rappresentare "superiori interessi" di partito potrebbe bastarne uno solo, ma gli italiani hanno riutato per sempre simili regimi e anche di questo dovremmo farcene una ragione. Per venir fuori da questo vicolo cieco, il presidente ha dichiarato di voler varare un governo "neutrale" o "di tregua", queste le parole usate, chiedendo al futuro presidente del Consiglio e ai suoi ministri di rinunciare a candidarsi alle prossime elezioni . Per la verità, egli ha usato anche l'aggettivo europeista, che oggi troviamo ovunque, come il prezzemolo. Ne viene fuori una bizzarra idea di neutralità, dal momento che due delle tre principali forze politiche sono alquanto ostili alle politiche imposte dall' "Europa" e, forse proprio per questo, hanno incrementato il proprio consenso. Non riesco a immaginare come possa ottenersi una tregua imponendo a tutti il punto di vista di una sola parte. Nelle intenzioni dichiarate dal presidente, tale governo, comunque, dovrebbe restare in carica fin quando le forze politiche non trovino un accordo e, in ogni caso, non oltre il prossimo dicembre quando, in mancanza di una coalizione politica in grado di avere i numeri in Parlamento, verrebbero indette elezioni anticipate.

Ma possono davvero esistere governi che non siano politici? Il nuovo governo, infatti, sarebbe chiamato fare la nuova legge finanziaria e a "sterilizzare" l'aumento dell'IVA, decidendo quindi chi dovrebbe pagarne il corrispettivo. Peggio ancora, i membri del futuro governo non sottoporrebbero il proprio operato al giudizio degli elettori, di fatto agirebbero senza alcun controllo da parte del Parlamento o del popolo. In sostanza, si tratterebbe di qualcosa di molto simile al governo Monti che fu fatto senatore a vita dall'allora presidente Napolitano, proprio perché non dovesse render conto ad alcuno delle politiche che lo avrebbero poi reso tristemente famoso. Come oggi, l'"Europa chiedeva" e Monti e Fornero non ne delusero le aspettative. Un governo "non politico" per compiere importanti scelte politiche tanto antipopolari che nessun governo politico avrebbe potuto. Un tale governo non ha nulla di democratico, è un sovrano assoluto, come quel Luigi XVI mandato via dal popolo francese al grido di Liberté, Egalité, Fraternité .

Maurizio Crozza

All'epoca di Monti, Crozza commentò "sento odore di cetriolo". Percependo forse qualcosa di simile, due delle principali forze politiche, il M5S e la Lega, hanno oggi dichiarato che mai appoggerebbero un simile governo e, poiché senza tali voti nessun governo è aritmeticamente possibile, si prospettano elezioni anticipate che, in tal caso, dovrebbero tenersi in estate. Stamane ho ascoltato alla radio illustri commentatori politici che si dichiaravano ostili alla possibilità di votare luglio o a settembre, aumenterebbe l'astensionismo, dicevano. Nella mia opinione, questo rischio è il minore dei problemi. Per comprendere quale veramente sia la posta in gioco e quale rischio corra la nostra democrazia, devo fare una breve digressione sulla maniera in cui in Italia si forma un governo.

Il presidente della Repubblica attribuisce l'incarico di formare il governo ad una persona che egli ritiene in grado di trovare una maggioranza in Parlamento. Nella situazione presente questa persona evidentemente non esiste, ma immaginiamo che egli si convinca di averla trovata e gli conferisca l'incarico. Il presidente del Consiglio incaricato, secondo la prassi, accetta l'incarico con riserva e avvia consultazioni con le forze politiche presenti in Parlamento. Se si convince, o dice di essersi convinto, di aver trovato i voti necessari, il presidente del Consiglio incaricato scioglie la riserva e viene nominato con decreto del presidente della Repubblica, subito dopo presta giuramento e assume i poteri di presidente del Consiglio. La Costituzione impone che egli sia tenuto a chiedere  la fiducia al Parlamento entro 10 giorni, se non la riceve deve presentare le dimissioni al Presidente della Repubblica, ma rimane in carica fin quando un nuovo governo non venga costituito. E, nell'attuale situazione politica italiana, questo significa che rimarrebbe in carica per tutta la campagna elettorale, fino all'elezione del nuovo Parlamento. Secondo la Costituzione italiana, in situazioni di urgenza, il governo può emanare decreti che hanno valore di leggi: questo è comprensibile ma, come è stato rilevato dalla Corte Costituzionale, i governi italiani hanno fatto ricorso con disinvoltura eccessiva alla decretazione d'urgenza. In passato sono state approvate così leggi ad personam: un decreto ha ridotto le imposte sulle "donazioni" fatte come anticipo di successione ereditaria permettendo a qualcuno (indovinate chi) di risolvere alcuni problemi aziendali. Quando il decreto è poi decaduto perché il Parlamento non lo ha convertito in legge, tutti i problemi di quell'azienda erano già stati risolti

Giulio Andreotti (a sinistra) con Bettino Craxi.


Fantapolitica? Credete che non possa accadere? Eppure è accaduto per ben tre volte nella storia della Repubblica. Nel 1953, Alcide De Gasperi aveva fatto approvare una nuova legge elettorale che prevedeva un forte premio di maggioranza per quei "partiti apparentati" che avessero raggiunto la soglia del 50%, qualcosa di simile all'Italicum di Matteo Renzi La sinistra (all'epoca era ancora "di sinistra") sostenne che si trattava di una legge-truffa che, qualora fosse scattata la soglia, avrebbe lasciato la Democrazia Cristiana unico arbitro della politica italiana. Anche allora, come oggi, gli italiani decisero di punire la DC e De Gasperi ed il premio non scattò. Anche allora il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, cercò di forzare la mano, incaricando prima De Gasperi e poi un'altro democristiano, Amintore Fanfani. Ma né De Gasperi né Fanfani ottennero la fiducia, i rispettivi governi durarono poco più di un mese, e la crisi politica trovò soluzione soltanto quando si formò un governo di coalizione. Nel 1972 il presidente Giovanni Leone affidò l'incarico a Giulio Andreotti che, com'era prevedibile, non ricevette la fiducia. Il governo tuttavia rimase in carica per oltre quattro mesi e gestì le elezioni anticipate. Leone e Andreotti sono stati tra i principali protagonisti degli scandali che, culminando con Tangentopoli, segnarono poi la fine della cosiddetta prima Repubblica.

Dare l'incarico di costituire il governo in assenza di numeri certi in Parlamento sarebbe, nella mia opinione, un azzardo carico di insidie per la democrazia. Da parte di chi riceve l'incarico, poi, sciogliere la riserva in assenza di numeri certi supererebbe i limiti della temerarietà. Un presidente del Consiglio al di fuori del controllo del Parlamento e del popolo sarebbe l'equivalente di un vero e proprio colpo di stato. Mi auguro che il nostro presidente della Repubblica voglia risparmiare al Paese un simile rischio. Meglio lasciare in carica Gentiloni.

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